La
scienza di Giufà
Visto
che il carnevale si sta avvicinando, i bambini cominceranno a
travestirsi nei modi più disparati, pochi si travestono con i
costumi delle maschere tradizionali, nessuno vestirà mai i panni
dell'unica maschera siciliana (in effetti non è una vera maschera
carnevalesca), Giufà . Un personaggio letterario della tradizione
orale popolare della Sicilia e giudaico-spagnola , le origini si
perdono nel tempo, il nome appare chiaramente di origine Araba .
Nella letteratura scritta egli compare compiutamente nell'opera di
Giuseppe Pitrè (1841-1916), celebre studioso di tradizioni popolari
e di folclore siciliano tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del
Novecento, che ne riprese le storie popolari diffuse in varie parti
della Sicilia. La sua comparsa nella tradizione scritta risale almeno
al 1845, quando il personaggio è attestato in un adattamento in
lingua italiana di una storia di Venerando Gangi (1748-1816),
favolista siciliano.
Giufà
è un personaggio assolutamente privo di ogni malizia e furberia,
credulone, facile preda di malandrini e truffatori di ogni genere.
Nella sua vita gli saranno rubati con estrema facilità una pentola,
un maiale, un pollo arrosto, un asino, una gallina ed un tacchino.
L'iperbolica trama descritta dal Pitrè prende spunto da fatti
realmente ricorrenti nelle campagne del palermitano, quando ladri e
imbroglioni erano soliti fare ai ragazzi promesse allettanti (che mai
avrebbero mantenuto) per ottenerne in cambio prelibatezze sottratte
alla campagna dei loro genitori. Nelle sue avventure egli si caccia
spesso nei guai, ma riesce quasi sempre a uscirne illeso, spesso
involontariamente. Giufà vive alla giornata, in maniera candida e
spensierata, incurante di un mondo esterno che pare sempre sul punto
di crollargli addosso. Personaggio creato in chiave comica,
caricatura di tutti i bambini siciliani, Giufà ci fa sorridere, con
le sue incredibili storie di sfortuna, sciocchezza e saggezza.
Giufà
pone però spesso dubbi e domande di difficile e difficilissima
risoluzione, come quella storia che narra come il nostro eroe, una
volta fu chiamato dal (re, vicerè, califfo fate voi) e sfidato a
passare la notte all'addiaccio, se ce l'avesse fatta avrebbe
guadagnato 100 denari. Il valido Giufà sopravvisse al freddo e il
giorno dopo andò dal regnante a riscuotere, interrogato su cosa
fosse successo , Giufà rispose :- Era una notte fredda, a causa di
un forte vento tagliente, ed era talmente limpida che stelle
rischiaravano i dintorni.
Furfante!
- esclamò il Sultano - Ti sei scaldato con la luce delle stelle! Non
ti meriti niente!, ovviamente Giufà ebbe poi modo di vendicarsi, ma
il punto scientifico è questo: Perchè il sultano non ha ragione?
Non
è semplicissimo rispondere a questa domanda anzi solo all'inizio del
secolo scorso si è riusciti a capire perchè se le stelle sono
infinite non illuminano e scaldano la notte ?
Questo
è chiamato pure il Paradosso di Olbers, fu enunciato così :-come è
possibile che il cielo notturno sia buio nonostante l'infinità di
stelle presenti nell'universo?
La
soluzione fu data solo poco più di cento anni dopo ed esattamente
nel 1929 dall'astronomo statunitense Edwin Hubble, dimostrò,
infatti, che l'universo attuale si sta espandendo e che dunque deve
aver avuto un'origine nel passato. Dal nostro punto di vista le
galassie appaiono allontanarsi con velocità proporzionale alla
distanza, fin ad un limite oltre il quale sembrerebbero allontanarsi
alla velocità della luce, e non possiamo quindi vederle. In altre
parole, poiché la luce ha velocità limitata, guardare lontano
significa anche guardare indietro nel tempo, fin al punto in cui si
osserva l'istante della nascita del cosmo, il Big Bang. In pratica
l'universo visibile ci appare di dimensioni limitate nello spazio e
nel tempo, per cui la luce ci giunge da un numero limitato di stelle
tale che il cielo ci appare nero. Possiamo prendere spunto da
un'altra storia.
Giufà
una notte, passando vicino ad un pozzo, vide la luna riflessa
nell'acqua.
Pensando
che fosse caduta dentro decise di salvarla.
Prese
un secchio lo legò ad una corda e lo buttò nel pozzo.
Quando
l'acqua fu ferma e vide la luna riflessa nel secchio cominciò a
tirare con tutta la sua forza.
Il
secchio, salendo rimase, però, impigliato nelle parete del pozzo.
Allora Giufà si mise a tirare ancora con più forza e tirando,
tirando spezzò la corda e finì a gambe all'aria e cadde a terra.
Alzando
gli occhi verso l'alto, per cercare un appiglio per rialzarsi, vide
nel cielo la luna.
La
sua soddisfazione fu grande e disse a se stesso ad alta voce: “Sono
caduto per terra e mi sono un po' ammaccato, ma, in compenso, ho
salvato la luna dall'annegamento!”
Ma
quanto pesa la Luna? Per poterlo calcolare e in generale individuare
la massa dei corpi celesti esistono sostanzialmente tre metodi che
indichiamo dal il più grossolano al più preciso.
1)
Stima della densità media di un corpo; con questo dato e il suo
raggio, siamo in grado di
ricavarci
la massa, come: M
= Vr
dove V
= volume= 4/3Π
R (elevato
al cubo)
nel caso di corpi sferici, e r
=
densità
media del pianeta. L'errore è molto grande in questo tipo di
valutazione; infatti la
densità
media di un pianeta dipende sia dalla composizione chimica media ,
sia dall’effetto di compressione gravitazionale della materia
contenuta nel suo interno, che dipende dalla sua massa. Questo metodo
è molto approssimato, ma alcune volte è l’unico in grado di darci
qualche risposta.
2)
Terza legge di Keplero
: attraverso
questa legge, possiamo determinare con ottima precisione sia la massa
del nostro Sole, che quella di qualunque corpo celeste che possiede
un
satellite
molto meno massiccio. Questa tecnica consente anche di determinare la
massa della
Luna,
anche se è richiesta la conoscenza della massa del nostro pianeta
3)
Accelerazione di gravità: misurando l’accelerazione media di
gravità del corpo celeste,
siamo
facilmente in grado di calcolare accuratamente la sua massa;
nonostante questo sia il
metodo
più preciso, è anche il più difficile da attuare, poiché bisogna
conoscere
l’accelerazione
di gravità. Se questo è facile da realizzare sulla Terra, non lo è
altrettanto
per
tutti gli altri corpi celesti a noi lontani; l’unico modo è di
inviare una sonda verso il
corpo
da esplorare ed analizzare con quale accelerazione essa ne viene
attratta. Nel caso della luna ci siamo stati fisicamente e quindi
possiamo affermare con assoluta certezza che la massa della Luna è
di
7,342 × 10 elevato alla 22 potenza kg . Comunque mi pare superiore
alle forze del nostro Giufà.
Altra
storia
Una
mattina Giufà, dopo un sogno rivelatore, decise di mettersi a fare
il mercante d'asini.
Andò
al mercato e comprò dieci asini, quindi, per tornare a casa salì in
groppa ad uno di essi. La carovana si mise, così, in viaggio: Giufà
avanti e gli altri animali indietro. Per strada, però, a Giufà
venne il dubbio di averne perso qualcuno. Si fermò e senza scendere
dall'animale contò gli asini: incredibile! erano nove. Giufà si
disperò, li contò e li ricontò: erano 9.
Allora
scese per terra e volle contarli toccandoli uno per uno: sorpresa,
erano 10. Tranquillizzato, montò sul suo asino e riprese la strada
per casa. Per sicurezza, dopo un po' si fermò e volle contare
nuovamente gli animali dall'alto della sua sella: erano 9.
Preoccupato scese per terra e li rivolle contare uno per uno: erano
10!
A
questo punto a Giufà fu tutto chiaro: era meglio stare per terra e
camminare in testa agli asini, invece di salire in groppa, perchè
solo in questo caso gli animali erano 10.
Fu
così che Giufà, nonostante avesse a disposizione 10 asini, tornò a
casa facendosi tutta la strada a piedi.
Il
buon Giufà pone qua il problema del numero zero (l'asino cavalcato
dal nostro eroe).
L'uso
dello zero come numero in sé è un'introduzione relativamente
recente della matematica, che si deve ai matematici indiani, anche se
gli antichi popoli mesoamericani arrivarono al concetto di zero
indipendentemente. Un primo studio dello zero, dovuto a Brahmagupta,
risale al 628.
Gli
arabi appresero dagli indiani il sistema di numerazione posizionale
decimale e lo trasmisero agli europei durante il Medioevo (perciò
ancora oggi in Occidente i numeri scritti con questo sistema sono
detti numeri arabi). Essi chiamavano lo zero sifr (صفر):
questo termine significa "vuoto" ma nelle traduzioni latine
veniva indicato con zephirum (per semplice assonanza), cioè zefiro
(figura della mitologia greca, personificazione del vento di
ponente).
Fu
in particolare Leonardo Fibonacci a far conoscere la numerazione
posizionale in Europa: nel suo Liber abbaci, pubblicato nel 1202,
egli tradusse sifr in zephirum; da questo si ebbe il veneziano zevero
e quindi l'italiano zero. Anche il termine cifra discende da questa
stessa parola sifr. Tuttavia già intorno al 1000 Gerberto d'Aurillac
(poi papa col nome di Silvestro II) utilizzava un abaco basato su un
rudimentale sistema posizionale.
Molte
altre sono le storie e gli spunti che il buon Giufà ispira.
Ricorderò
sempre la storia che raccontava mia nonna :- Un giorno c'erà freddo
e Giufà doveva uscire, la mamma gli disse 'tiriti a potta', il
ragazzo ubbidendo, smonta la porta di casa ed esce tenendola sotto
braccio. Io ridevo per un'ora e ripensandoci rido ancora.
Cit.
wikipedia , tuttoscuola.altervista.org,Daniele Gasparri
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