lunedì 4 gennaio 2016

La fisica del jūjitsu

Datemi una leva e vi solleverò il mondo
chi non ha mai sentito questa frase?
La leggenda narra che lo scienziato siracusano Archimede, l'avrebbe pronunciata dopo aver scoperto la seconda legge sulle leve, secondo la quale, utilizzando leve vantaggiose, è possibile sollevare carichi pesanti con una piccola forza d'applicazione.
Quello che non sappiamo, è che questo principio viene applicato anche negli sport, come ad esempio nel ju-jitsu.
Prima di tutto, spieghiamo brevemente cosa sono le leve.
Le leve sono il primo tipo di macchina semplice inventato dall'uomo, cioè un dispositivo in grado di compiere lavoro eseguendo un semplice movimento. Esse, ruotando attorno a un punto fisso, detto fulcro, permettono di contrastare una forza esterna (la resistenza), tramite l'applicazione di un'altra forza, meno intensa (la potenza). Il loro funzionamento si basa sull'equilibrio rotatorio cioè eguagliando i momenti delle forze,
dove P è la potenza e R la resistenza, mentre br e pr sono i rispettivi bracci d'azione, allora è sufficiente aumentare il braccio di una forza meno intensa (e quindi aumentare o ridurre la distanza delle forze agenti dal fulcro) per aumentare il suo momento, così da poter contrastare una forza più intensa.
Le leve si dividono in leve di primo, di secondo e di terzo genere, a seconda delle reciproche posizioni di fulcro, potenza e resistenza.
Nelle leve di primo genere il fulcro si trova tra la potenza e la resistenza: sono leve di questo genere il piede di porco e le forbici. In questa categoria rientra il concetto generico di leva, che si realizza utilizzando una sbarra vincolata a un punto fisso per sollevare un oggetto:

il vincolo rappresenta il fulcro, il peso dell'oggetto da sollevare la resistenza e la forza applicata dall'uomo la potenza. Utilizzando una leva è possibile sollevare corpi molto più pesanti di quanto non si riesca a fare con la sola forza muscolare.

Nelle leve di secondo genere la resistenza si trova tra il fulcro e la potenza: ne sono esempi la carriola e lo schiaccianoci.
In questo caso, un esempio, riferendoci al corpo umano, la leva è quella che ci consente di camminare. Il piede lavora esattamente come una leva di 2° genere, con il fulcro sulla punta e la potenza nel calcagno, dove si inseriscono i muscoli della gamba. Questa leva è sempre vantaggiosa per cui, con uno sforzo relativamente piccolo riusciamo a sollevare tutto il peso del corpo, che è la resistenza da vincere.

Nelle leve di terzo genere, infine, la potenza si trova tra il fulcro e la resistenza: esempi di leve di terzo genere sono le pinzette e il braccio che solleva un oggetto.
Nel movimento con cui il braccio solleva un oggetto, esso si comporta come una leva di 3° genere. In essa l'articolazione del gomito rappresenta il fulcro; i muscoli che si inseriscono nell'avambraccio la potenza; il peso dell'avambraccio e della mano, oltre a quello dell'oggetto da sollevare, la resistenza. È una leva svantaggiosa: infatti, nel sostenere un oggetto anche poco pesante col gomito piegato, si avverte subito una certa fatica muscolare.

Ma vediamo come tutto questo può avere a che fare con il Ju Jitsu.
Il jūjitsu  è un'arte marziale giapponese il cui nome vuol dire “arte della cedevolezza” e deriva da  o"jiu" che significa "flessibile", "cedevole", e  jutsu , ovvero "arte", "tecnica", "pratica". Era praticato dai bushi (guerrieri), che se ne servivano per giungere all'annientamento fisico dei propri avversari, provocandone anche la morte.
Il jūjitsu è un'arte di difesa personale che basa i suoi principi sulle radici del nome originale giapponese: Hey yo shin kore do, cioè "Il morbido vince il duro", e la forza della quale si necessita proviene proprio dall'avversario: più si cerca di colpire forte, maggiore sarà la forza che si ritorcerà contro. Il principio, quindi, sta nell'applicare una determinata tecnica proprio nell'ultimo istante dell'attacco subito, con morbidezza e cedevolezza, in modo che l'avversario non si accorga di una difesa e trovi, davanti a sé, il vuoto.

Per fare questo si usano particolari tecniche, come prese, leve articolari, rotazioni, proiezioni, che la contraddistinguono da altre arti marziali basate invece su forza, potenza e velocità, come ad esempio il karate e il taekwondo.
Le leve articolari, nella fattispecie, minano l’integrità dell’articolazione stessa praticandovi un pressione contraria alla normale direzione di movimento e, perciò, dolorosa. In questo modo l’avversario non può utilizzare la propria forza muscolare per liberarsi, e viene immobilizzato.
Figura 1


figura2

In figura 1 e in figura 2, vediamo due leve articolari , che andiamo adesso a descrivere.
Identifichiamo con la parola UKE, il soggetto con il kimono blu, che è colui che riceve la tecnica, e con TORI, il soggetto con il kimono bianco, che è invece chi pratica la tecnica.
 
Nella figura 1, TORI, afferra con entrambe le mani il braccio sinistro di UKE squilibrandolo in avanti. Poi con un rapido spostamento del corpo, chiamato TAI SABAKI, porta il braccio di UKE sotto la propria ascella e ruota il polso. In questo modo, il braccio di UKE subisce un potente controllo e viene messo in leva sul gomito. Questa leva articolare si chiama UDE-HISHIJI WAKI-GATAME, o più comunemente WAKI-GATAME, ed è una tecnica molto usata nella difesa personale. E’ una leva di primo di tipo, dove il gomito funge da fulcro, sulla mano di UKE viene applicata una forza che contrasta la resistenza fornita dalla spalla.
In figura 2, TORI è al fianco di UKE ed afferra il suo braccio tra le cosce. Controlla con la gamba destra il collo di UKE, e con la sinistra, il fianco. Tori afferra il polso con entrambe le mani ed effettua la leva inarcando la schiena e tirando il braccio di UKE verso il basso. Questa leva, che è molto utilizzata in fasi di lotta a terra, si chiama UDE-HISHIJI JUGI-GATAME.
E’ una leva di secondo tipo, in quanto, la resistenza, fornita dal gomito, si trova tra il fulcro, che è la spalla, e la potenza, che è applicata sulla mano.

Valentina Caruso

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