mercoledì 7 febbraio 2018

Il mascalzone e la povera belva

Il mascalzone e la povera "belva di via San Gregorio".


Giuseppe Ricciardi nato nel 1911 a Catania era un uomo alto e segaligno, con due sottili baffetti neri e l’aria del seduttore , faceva un poco il commerciante un poco il magliaro , proponeva l’acquisto di abiti o tessuti (ma poi anche di altre merci) presentandolo come un affare vantaggioso, spesso alludendo, anche falsamente, a una provenienza illecita della merce che ne avrebbe giustificato il basso prezzo e la pretesa alta qualità. Faceva parte di quella schiatta di uomini emersi nel dopoguerra , «venditori» che facevano del proprio mestiere uno stile di vita, di cui curavano in modo ossessivo ogni dettaglio: l’abito faceva il magliaro, che non conosceva sciatteria nell’aspetto e nell’eloquio.
Ricciardi è un siciliano dal sangue caldo, cui piacciono le belle donne, e non si è mai fatto mancare compagnie femminili, mentre Franca Pappalardo, la moglie, attende paziente, giù a Catania, con i bambini, di raggiungerlo a Milano. Era il 1946 l'Italia si stava faticosamente leccando le ferite del terribile conflitto mondiale e il Catanese era emigrato a Milano per cercare con le sue abilità dialettiche fortuna , in parte l'aveva trovata .
Aveva conosciuto una donna decisa e bellissima a Milano , si chiamava Rita Fort . Il Ricciardi non portava la fede e aveva promesso a Rita di sposarla , grazie all'aiuto della donna avevano aperto insieme un negozio di maglieria . La coppia va ad abitare in un piccolo appartamento di via Mauro Macchi, non distante dalla Stazione Centrale. Nel negozio Rita lavora come commessa. In realtà si sente padrona. Un giorno decide di spingere il suo uomo al grande passo: “Viviamo insieme, sposiamoci”. Lui è sfuggente. Messo alle corde confessa la verità: è sposato, in Sicilia ha moglie e due figli più un terzo in arrivo. E c'è di più: i suoi parenti, al paese, non vedono di buon occhio che lui se ne stia da solo in una città come Milano. Gli ordinano, in pratica, di ricongiungersi alla famiglia. Cosa che succede ben presto. Caterina si vede crollare il mondo addosso. Ma il Ricciardi le promette di ignorare la moglie e di stare solo con lei.
Ovviamente non è vero anzi la moglie "sale" a Milano .
Appena arrivata , Franca Pappalardo capisce che quella friulana che lavora nel negozio del marito non si comporta come semplice commessa , Intuisce che tra lei e il marito ci sono o c'erano stati rapporti ben diversi di quelli più semplici da dipendente a datore di lavoro. Intima a Pippo Ricciardi
di cacciarla . Lui gli offre dei soldi ed è costretto ad eseguire gli ordini della moglie .
Ma Rita Fort non è una donna come le altre , il destino con lei era stato crudele fino all'inverosimile era nata in Veneto , da piccola aveva visto il padre morire davanti a lei caduto in un dirupo , un fulmine gli aveva distrutto la casa , il suo amore della vita era morto due giorni prima della data che avevano fissato per il matrimonio .
Aveva sposato per ripiego un conterraneo che presto si era rivelato pazzo e di cui aveva ottenuto l'annullamento del matrimonio , aveva inoltre una malformazione che non le permetteva di avere figli .
Era fuggita a Milano in cerca di fortuna e pensava di averla trovata nel Ricciardi . Rina Fort perde la testa, decide di vendicarsi nel modo più orribile di quell'uomo che fino ad allora l'aveva illusa. Come?
Distruggendogli la famiglia, "cancellando" dalla faccia del mondo ciò che riteneva essere la causa della sua rovina.
L'occasione per dare sfogo al rancore accumulato arriva il 29 novembre. Sono le 7 di sera. Piove. Milano è appiattita dal grigio invernale. Giuseppe Ricciardi è fuori città, a Prato per affari. Caterina sale le scale di via San Gregorio, bussa alla porta di Franca Pappalardo.
Cosa succede appena la Fort entra in casa purtroppo non lo saprà mai nessuno. Ma è probabile che le due donne abbiano una violenta discussione. Rina Fort afferra una sbarra di ferro e uccide l'avversaria fracassandole la testa. Poi, colpisce senza pietà anche i tre bambini. Compiuta la strage torna a casa.
A scoprire l'orribile delitto il mattino successivo è Rina Somaschini, una commessa del Ricciardi, salita nell'appartamento per ritirare, come di consueto, le chiavi del negozio. Trova la porta aperta, le luci accese. Appena varcata la soglia lancia un urlo, corre nella guardiola della portineria e sviene.
Accorrono la polizia, il magistrato e un medico legale. Dietro la porta c’è il cadavere di Franca Pappalardo, massacrata con 18 colpi di spranga, accanto a lei il corpo di Giovannino (otto colpi in testa), sei o sette metri più distante, in cucina, quello di Giuseppina per la quale erano stati sufficienti quattro colpi.
La bimba ha la testa quasi sotto il seggiolone del piccolo Antonio, ucciso con un solo colpo dopo essere stato soffocato con un pannolino infilato in bocca. I giornalisti e fotografi arrivano prima della polizie e spostano i cadaveri e insozzano la scena del crimine .
In prigione finisce , lo stesso Pippo Ricciardi. Qualche giorno dopo la strage era tornato dal suo viaggio d'affari. Mentre entrava nel palazzo il portinaio lo aveva affettuosamente bloccato. “Vada subito all'obitorio. Sa, le hanno ucciso moglie e figli”. Lui non ne sapeva niente, ma la polizia non lo aveva creduto estraneo alla strage. E lo aveva arrestato. Viene assolto in istruttoria, ma fuori da San Vittore lo accoglie un'antipatia dilagante.
Solo la caparbietà del celebre commissario Mario Nardone riesce a sciogliere il muro di silenzi e omissioni della Fort.
La cronaca dell'omicidio fu curata per il corriere della sera da Dino Buzzati, il celebre autore del “Deserto dei tartari” che definì la Fort la belva di via San Gregorio.
Non una belva era Rina ma una donna che aveva osservato tanto da vicino i mostri e le mostruosità da diventarlo pure lei. Fu condannata all'ergastolo nel gennaio del 1950 passò in carcere ventisette anni cucendo vestiti per bambini (quelli che non aveva mai avuto) gli fu concessa la grazia dal Presidente della repubblica Leone nel 1975 .
Rina Fort muore, ormai quasi sconosciuta, il 2 marzo 1988. Viene trovata priva di vita a letto, stroncata da una crisi cardiaca. Il "grande male" evocato da Buzzati se n'era andato in silenzio. Quattro anni prima, a Catania, in solitudine, era scomparso anche Pippo Ricciardi si era risposato ed aveva avuto un altro figlio.
Fonti : La storia illustrata ; Archivio storico del corriere della sera

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