martedì 19 gennaio 2016

La scienza di Giufà

                                                                  La scienza di Giufà

Visto che il carnevale si sta avvicinando, i bambini cominceranno a travestirsi nei modi più disparati, pochi si travestono con i costumi delle maschere tradizionali, nessuno vestirà mai i panni dell'unica maschera siciliana (in effetti non è una vera maschera carnevalesca), Giufà . Un personaggio letterario della tradizione orale popolare della Sicilia e giudaico-spagnola , le origini si perdono nel tempo, il nome appare chiaramente di origine Araba . Nella letteratura scritta egli compare compiutamente nell'opera di Giuseppe Pitrè (1841-1916), celebre studioso di tradizioni popolari e di folclore siciliano tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento, che ne riprese le storie popolari diffuse in varie parti della Sicilia. La sua comparsa nella tradizione scritta risale almeno al 1845, quando il personaggio è attestato in un adattamento in lingua italiana di una storia di Venerando Gangi (1748-1816), favolista siciliano.
Giufà è un personaggio assolutamente privo di ogni malizia e furberia, credulone, facile preda di malandrini e truffatori di ogni genere. Nella sua vita gli saranno rubati con estrema facilità una pentola, un maiale, un pollo arrosto, un asino, una gallina ed un tacchino. L'iperbolica trama descritta dal Pitrè prende spunto da fatti realmente ricorrenti nelle campagne del palermitano, quando ladri e imbroglioni erano soliti fare ai ragazzi promesse allettanti (che mai avrebbero mantenuto) per ottenerne in cambio prelibatezze sottratte alla campagna dei loro genitori. Nelle sue avventure egli si caccia spesso nei guai, ma riesce quasi sempre a uscirne illeso, spesso involontariamente. Giufà vive alla giornata, in maniera candida e spensierata, incurante di un mondo esterno che pare sempre sul punto di crollargli addosso. Personaggio creato in chiave comica, caricatura di tutti i bambini siciliani, Giufà ci fa sorridere, con le sue incredibili storie di sfortuna, sciocchezza e saggezza.
Giufà pone però spesso dubbi e domande di difficile e difficilissima risoluzione, come quella storia che narra come il nostro eroe, una volta fu chiamato dal (re, vicerè, califfo fate voi) e sfidato a passare la notte all'addiaccio, se ce l'avesse fatta avrebbe guadagnato 100 denari. Il valido Giufà sopravvisse al freddo e il giorno dopo andò dal regnante a riscuotere, interrogato su cosa fosse successo , Giufà rispose :- Era una notte fredda, a causa di un forte vento tagliente, ed era talmente limpida che stelle rischiaravano i dintorni.
Furfante! - esclamò il Sultano - Ti sei scaldato con la luce delle stelle! Non ti meriti niente!, ovviamente Giufà ebbe poi modo di vendicarsi, ma il punto scientifico è questo: Perchè il sultano non ha ragione?
Non è semplicissimo rispondere a questa domanda anzi solo all'inizio del secolo scorso si è riusciti a capire perchè se le stelle sono infinite non illuminano e scaldano la notte ?
Questo è chiamato pure il Paradosso di Olbers, fu enunciato così :-come è possibile che il cielo notturno sia buio nonostante l'infinità di stelle presenti nell'universo?
Prende il suo nome dall'astronomo tedesco Heinrich Wilhelm Olbers, che lo propose nel 1826.
La soluzione fu data solo poco più di cento anni dopo ed esattamente nel 1929 dall'astronomo statunitense Edwin Hubble, dimostrò, infatti, che l'universo attuale si sta espandendo e che dunque deve aver avuto un'origine nel passato. Dal nostro punto di vista le galassie appaiono allontanarsi con velocità proporzionale alla distanza, fin ad un limite oltre il quale sembrerebbero allontanarsi alla velocità della luce, e non possiamo quindi vederle. In altre parole, poiché la luce ha velocità limitata, guardare lontano significa anche guardare indietro nel tempo, fin al punto in cui si osserva l'istante della nascita del cosmo, il Big Bang. In pratica l'universo visibile ci appare di dimensioni limitate nello spazio e nel tempo, per cui la luce ci giunge da un numero limitato di stelle tale che il cielo ci appare nero. Possiamo prendere spunto da un'altra storia.
Giufà una notte, passando vicino ad un pozzo, vide la luna riflessa nell'acqua.
Pensando che fosse caduta dentro decise di salvarla.
Prese un secchio lo legò ad una corda e lo buttò nel pozzo.
Quando l'acqua fu ferma e vide la luna riflessa nel secchio cominciò a tirare con tutta la sua forza.
Il secchio, salendo rimase, però, impigliato nelle parete del pozzo. Allora Giufà si mise a tirare ancora con più forza e tirando, tirando spezzò la corda e finì a gambe all'aria e cadde a terra.
Alzando gli occhi verso l'alto, per cercare un appiglio per rialzarsi, vide nel cielo la luna.
La sua soddisfazione fu grande e disse a se stesso ad alta voce: “Sono caduto per terra e mi sono un po' ammaccato, ma, in compenso, ho salvato la luna dall'annegamento!”
Ma quanto pesa la Luna? Per poterlo calcolare e in generale individuare la massa dei corpi celesti esistono sostanzialmente tre metodi che indichiamo dal il più grossolano al più preciso.
1) Stima della densità media di un corpo; con questo dato e il suo raggio, siamo in grado di
ricavarci la massa, come: M = Vr dove V = volume= 4/3Π R (elevato al cubo) nel caso di corpi sferici, e r =
densità media del pianeta. L'errore è molto grande in questo tipo di valutazione; infatti la
densità media di un pianeta dipende sia dalla composizione chimica media , sia dall’effetto di compressione gravitazionale della materia contenuta nel suo interno, che dipende dalla sua massa. Questo metodo è molto approssimato, ma alcune volte è l’unico in grado di darci qualche risposta.
2) Terza legge di Keplero : attraverso questa legge, possiamo determinare con ottima precisione sia la massa del nostro Sole, che quella di qualunque corpo celeste che possiede un
satellite molto meno massiccio. Questa tecnica consente anche di determinare la massa della
Luna, anche se è richiesta la conoscenza della massa del nostro pianeta

3) Accelerazione di gravità: misurando l’accelerazione media di gravità del corpo celeste,
siamo facilmente in grado di calcolare accuratamente la sua massa; nonostante questo sia il
metodo più preciso, è anche il più difficile da attuare, poiché bisogna conoscere
l’accelerazione di gravità. Se questo è facile da realizzare sulla Terra, non lo è altrettanto
per tutti gli altri corpi celesti a noi lontani; l’unico modo è di inviare una sonda verso il
corpo da esplorare ed analizzare con quale accelerazione essa ne viene attratta. Nel caso della luna ci siamo stati fisicamente e quindi possiamo affermare con assoluta certezza che la massa della Luna è di 7,342 × 10 elevato alla 22 potenza kg . Comunque mi pare superiore alle forze del nostro Giufà.
Altra storia
Una mattina Giufà, dopo un sogno rivelatore, decise di mettersi a fare il mercante d'asini.
Andò al mercato e comprò dieci asini, quindi, per tornare a casa salì in groppa ad uno di essi. La carovana si mise, così, in viaggio: Giufà avanti e gli altri animali indietro. Per strada, però, a Giufà venne il dubbio di averne perso qualcuno. Si fermò e senza scendere dall'animale contò gli asini: incredibile! erano nove. Giufà si disperò, li contò e li ricontò: erano 9.
Allora scese per terra e volle contarli toccandoli uno per uno: sorpresa, erano 10. Tranquillizzato, montò sul suo asino e riprese la strada per casa. Per sicurezza, dopo un po' si fermò e volle contare nuovamente gli animali dall'alto della sua sella: erano 9. Preoccupato scese per terra e li rivolle contare uno per uno: erano 10!

A questo punto a Giufà fu tutto chiaro: era meglio stare per terra e camminare in testa agli asini, invece di salire in groppa, perchè solo in questo caso gli animali erano 10.
Fu così che Giufà, nonostante avesse a disposizione 10 asini, tornò a casa facendosi tutta la strada a piedi.
Il buon Giufà pone qua il problema del numero zero (l'asino cavalcato dal nostro eroe).
L'uso dello zero come numero in sé è un'introduzione relativamente recente della matematica, che si deve ai matematici indiani, anche se gli antichi popoli mesoamericani arrivarono al concetto di zero indipendentemente. Un primo studio dello zero, dovuto a Brahmagupta, risale al 628.
Gli arabi appresero dagli indiani il sistema di numerazione posizionale decimale e lo trasmisero agli europei durante il Medioevo (perciò ancora oggi in Occidente i numeri scritti con questo sistema sono detti numeri arabi). Essi chiamavano lo zero sifr (صفر‎): questo termine significa "vuoto" ma nelle traduzioni latine veniva indicato con zephirum (per semplice assonanza), cioè zefiro (figura della mitologia greca, personificazione del vento di ponente).
Fu in particolare Leonardo Fibonacci a far conoscere la numerazione posizionale in Europa: nel suo Liber abbaci, pubblicato nel 1202, egli tradusse sifr in zephirum; da questo si ebbe il veneziano zevero e quindi l'italiano zero. Anche il termine cifra discende da questa stessa parola sifr. Tuttavia già intorno al 1000 Gerberto d'Aurillac (poi papa col nome di Silvestro II) utilizzava un abaco basato su un rudimentale sistema posizionale.
Molte altre sono le storie e gli spunti che il buon Giufà ispira.
Ricorderò sempre la storia che raccontava mia nonna :- Un giorno c'erà freddo e Giufà doveva uscire, la mamma gli disse 'tiriti a potta', il ragazzo ubbidendo, smonta la porta di casa ed esce tenendola sotto braccio. Io ridevo per un'ora e ripensandoci rido ancora.

Cit. wikipedia , tuttoscuola.altervista.org,Daniele Gasparri

giovedì 14 gennaio 2016

La classifica dei licei classici della Sicilia Sud orientale

 Dopo aver pubblicato la classifica dei licei scientifici, molti genitori ci hanno chiesto di fare altrettanto con i licei classici in vista delle iscrizioni imminenti dalle medie alle superiori. E' stato utilizzato come termine valutativo, anche in questo caso, quello che ci sembrava più congruo , ossia i risultati ottenuti dagli studenti diplomati che frequentano il primo anno di università. Per avere un campione congruo è stato preso in esame gli istituti i cui studenti dopo il diploma afferiscono prevalentemente alla stessa università (quella di Catania), ovviamente come tutte le classifiche i parametri sono soggettivi. Come per l'altra classifica  ci sembra  di aver fatto anche questa volta un buon lavoro.
Il liceo al primo posto risulta essere quello che pensavamo  il favorito l'istituto Pennisi di Acireale.  Al secondo e al terzo posto ci trovano due istituti che francamente non si credeva  di trovare, una scuola cattolica, l'istituto comprensivo Santa Maria del Gesù redentore di Taormina e l'istituto Concetto Marchesi di Mascalucia, più "giovane" rispetto alla maggior parte degli Istituti .Solo all'ottavo posto il primo istituto di Catania il Mario Cutelli, preceduto  dal Napoleone Colaianni  di Enna  e dal Ruggero Settimo di Caltanissetta . Solo al diciottesimo  posto, il primo Istituto di Siracusa,  è l'Orso Maria Corbino, preceduto al sedicesimo dal primo di Ragusa l'istituto Umberto I. In fondo all'articolo con  la classifica completa.
E' stata intervistata la seconda collaboratrice dell'istituto Pennisi di Acireale, la professoressa Dionisia Cariolo.
Salve professoressa complimenti per la posizione
Grazie non c'è lo aspettavamo
Voi vi siete sempre spesi per la salvaguardia dei licei classici
Si siamo promotori di diverse iniziative come "La notte dei licei classici", Il Liceo Classico "Gulli e Pennisi" apre le sue porte a tutta la cittadinanza in un grande carosello di eventi, attività culturali, recitazioni, etc.. tutto ad opera degli studenti e degli ex-allievi della prestigiosa istituzione acese. E' un evento che in contemporanea si svolge in altri 235 licei classici in tutta Italia, di cui il Gulli e Pennisi, ideatore e promotore, è scuola capofila. La nostra istituzione è aperta alla cittadinanza che la percepisce come parte importante del contesto culturale Acese.
La parte tecnologica è importante ?
Certamente, tutte le classi hanno la L.I.M. che viene usata abitualmente, ma non mancano le sperimentazioni come la "classe capovolta"che sfrutta al massimo le potenzialità del web in fase di sperimentazione in diverse sezioni
Quanti studenti ha il liceo ?
Sono circa 500, vengono da tutte le scuole media della zona attirate dalla nostra offerta formativa.
Grazie professoressa
Grazie a voi per il lavoro che fate nell'ambito della divulgazione culturale.




martedì 12 gennaio 2016

10 BUONI MOTIVI PER PORTARE LE SCUOLE E LA FAMIGLIA AL LUDUM

Esplora la novità dei nostri exibit didattici. Inoltrati nel nostro insettario. Il Ludum science center è il luogo della scienza, dello stupore, del divertimento intelligente e della scoperta della scienza. Scopri tutto quello che c’è da fare al Ludum. Sia se farai una visita al museo, sia se vorrai lasciare i tuoi bimbi al nostro asilo "La casetta di Bea" dove le più moderne tecnologie didattiche si sposano con i metodi tradizionali,  sia se vuoi usufruire della consulenza tecnologica per sostenere chi è più fragile con la nostra ausilioteca "Leonardo" unica convenzionata con il sistema sanitario nazionale Ci troviamo  tra ampi spazi verdi alle porte della città .
Abbiamo deciso di darvi 10 buoni motivi (ce ne sono altri cento) per visitare il nostro centro scientifico.
1) E' un ottimo modo per imparare
Il cervello impara molto di più con l'esperienza diretta e toccando con mano gli oggetti
2) Ti fa diventare più intelligente e felice
"Imparare stimola la voglia di imparare" , più cose si sanno più se ne vogliono imparare .Capire e imparare qualcosa è gratificante e aumenta il livello di serotonina nel sangue
3) Si divertono tutti grandi e piccoli
Venire al Ludum è un'esperienza che si può fare insieme ai più piccoli, le  informazioni sono modulate a più livelli di comprensione , un luogo dove tutta la famiglia si può divertire insieme in modo intelligente.
4) Non devi cercare parcheggio
In media si passano 24 giornate della nostra vita cercando parcheggio, al Ludum abbiamo un ettaro di parcheggio non ti ruberemo neanche un secondo .
5) Quasi cento esperienze interattive
Nel museo si trovano quasi cento esperimenti alcuni originali ideati dal nostro staff e tutti interattivi e stimolanti
6) Insettario
Un insettario popolatissimo delle specie più esotiche di insetti , aracnidi , miriapodi e altro ancora da toccare e osservare
7) Gli animatori scientifici
Il nostro staff di animatori scientifici è costituito da personale che si è formato oltre che negli studi universitari, con anni di esperienza sul campo della didattica scientifica , studiando anche recitazione per migliorare la capacità di intrattenere il pubblico. Il meglio del meglio
8) Laboratori scientifici 
Oltre alla visita al museo, le scuole hanno la possibilità di prenotare dei laboratori specifici (elettricità, chimica, cucina molecolare, musica e suono ) oltre che al nostro spettacolare science show.
9) Sostegno alla didattica
Il Ludum oltre all'attività di visita al museo della scienza, offre agli insegnanti che vengono con la classe , dispense didattiche, software di simulazione di laboratorio ed esercitazioni , sviluppo mappe concettuali e altro materiale utilissimo nell'attività didattica.
10) Nessun finanziamento pubblico
Il Ludum si sostiene solo con fondi privati, non ha mai ricevuto un euro pubblico, favori o gestione gratuita di spazi pubblici o privati. Paga regolarmente le spese di gestione, partecipa a gare di appalto regolari e non a trattative private fumose, ha avviato collaborazioni con università pubbliche e private ed enti di ricerca e associazioni di musei della scienza. Si trova  a competere nel settore della divulgazione scientifica e culturale con associazioni ed enti che hanno tutto o quasi pagato da università , comuni , regioni . Manteniamo comunque un livello qualitativamente maggiore o uguale a questi sleali concorrenti.

lunedì 4 gennaio 2016

La fisica del jūjitsu

Datemi una leva e vi solleverò il mondo
chi non ha mai sentito questa frase?
La leggenda narra che lo scienziato siracusano Archimede, l'avrebbe pronunciata dopo aver scoperto la seconda legge sulle leve, secondo la quale, utilizzando leve vantaggiose, è possibile sollevare carichi pesanti con una piccola forza d'applicazione.
Quello che non sappiamo, è che questo principio viene applicato anche negli sport, come ad esempio nel ju-jitsu.
Prima di tutto, spieghiamo brevemente cosa sono le leve.
Le leve sono il primo tipo di macchina semplice inventato dall'uomo, cioè un dispositivo in grado di compiere lavoro eseguendo un semplice movimento. Esse, ruotando attorno a un punto fisso, detto fulcro, permettono di contrastare una forza esterna (la resistenza), tramite l'applicazione di un'altra forza, meno intensa (la potenza). Il loro funzionamento si basa sull'equilibrio rotatorio cioè eguagliando i momenti delle forze,
dove P è la potenza e R la resistenza, mentre br e pr sono i rispettivi bracci d'azione, allora è sufficiente aumentare il braccio di una forza meno intensa (e quindi aumentare o ridurre la distanza delle forze agenti dal fulcro) per aumentare il suo momento, così da poter contrastare una forza più intensa.
Le leve si dividono in leve di primo, di secondo e di terzo genere, a seconda delle reciproche posizioni di fulcro, potenza e resistenza.
Nelle leve di primo genere il fulcro si trova tra la potenza e la resistenza: sono leve di questo genere il piede di porco e le forbici. In questa categoria rientra il concetto generico di leva, che si realizza utilizzando una sbarra vincolata a un punto fisso per sollevare un oggetto:

il vincolo rappresenta il fulcro, il peso dell'oggetto da sollevare la resistenza e la forza applicata dall'uomo la potenza. Utilizzando una leva è possibile sollevare corpi molto più pesanti di quanto non si riesca a fare con la sola forza muscolare.

Nelle leve di secondo genere la resistenza si trova tra il fulcro e la potenza: ne sono esempi la carriola e lo schiaccianoci.
In questo caso, un esempio, riferendoci al corpo umano, la leva è quella che ci consente di camminare. Il piede lavora esattamente come una leva di 2° genere, con il fulcro sulla punta e la potenza nel calcagno, dove si inseriscono i muscoli della gamba. Questa leva è sempre vantaggiosa per cui, con uno sforzo relativamente piccolo riusciamo a sollevare tutto il peso del corpo, che è la resistenza da vincere.

Nelle leve di terzo genere, infine, la potenza si trova tra il fulcro e la resistenza: esempi di leve di terzo genere sono le pinzette e il braccio che solleva un oggetto.
Nel movimento con cui il braccio solleva un oggetto, esso si comporta come una leva di 3° genere. In essa l'articolazione del gomito rappresenta il fulcro; i muscoli che si inseriscono nell'avambraccio la potenza; il peso dell'avambraccio e della mano, oltre a quello dell'oggetto da sollevare, la resistenza. È una leva svantaggiosa: infatti, nel sostenere un oggetto anche poco pesante col gomito piegato, si avverte subito una certa fatica muscolare.

Ma vediamo come tutto questo può avere a che fare con il Ju Jitsu.
Il jūjitsu  è un'arte marziale giapponese il cui nome vuol dire “arte della cedevolezza” e deriva da  o"jiu" che significa "flessibile", "cedevole", e  jutsu , ovvero "arte", "tecnica", "pratica". Era praticato dai bushi (guerrieri), che se ne servivano per giungere all'annientamento fisico dei propri avversari, provocandone anche la morte.
Il jūjitsu è un'arte di difesa personale che basa i suoi principi sulle radici del nome originale giapponese: Hey yo shin kore do, cioè "Il morbido vince il duro", e la forza della quale si necessita proviene proprio dall'avversario: più si cerca di colpire forte, maggiore sarà la forza che si ritorcerà contro. Il principio, quindi, sta nell'applicare una determinata tecnica proprio nell'ultimo istante dell'attacco subito, con morbidezza e cedevolezza, in modo che l'avversario non si accorga di una difesa e trovi, davanti a sé, il vuoto.

Per fare questo si usano particolari tecniche, come prese, leve articolari, rotazioni, proiezioni, che la contraddistinguono da altre arti marziali basate invece su forza, potenza e velocità, come ad esempio il karate e il taekwondo.
Le leve articolari, nella fattispecie, minano l’integrità dell’articolazione stessa praticandovi un pressione contraria alla normale direzione di movimento e, perciò, dolorosa. In questo modo l’avversario non può utilizzare la propria forza muscolare per liberarsi, e viene immobilizzato.
Figura 1


figura2

In figura 1 e in figura 2, vediamo due leve articolari , che andiamo adesso a descrivere.
Identifichiamo con la parola UKE, il soggetto con il kimono blu, che è colui che riceve la tecnica, e con TORI, il soggetto con il kimono bianco, che è invece chi pratica la tecnica.
 
Nella figura 1, TORI, afferra con entrambe le mani il braccio sinistro di UKE squilibrandolo in avanti. Poi con un rapido spostamento del corpo, chiamato TAI SABAKI, porta il braccio di UKE sotto la propria ascella e ruota il polso. In questo modo, il braccio di UKE subisce un potente controllo e viene messo in leva sul gomito. Questa leva articolare si chiama UDE-HISHIJI WAKI-GATAME, o più comunemente WAKI-GATAME, ed è una tecnica molto usata nella difesa personale. E’ una leva di primo di tipo, dove il gomito funge da fulcro, sulla mano di UKE viene applicata una forza che contrasta la resistenza fornita dalla spalla.
In figura 2, TORI è al fianco di UKE ed afferra il suo braccio tra le cosce. Controlla con la gamba destra il collo di UKE, e con la sinistra, il fianco. Tori afferra il polso con entrambe le mani ed effettua la leva inarcando la schiena e tirando il braccio di UKE verso il basso. Questa leva, che è molto utilizzata in fasi di lotta a terra, si chiama UDE-HISHIJI JUGI-GATAME.
E’ una leva di secondo tipo, in quanto, la resistenza, fornita dal gomito, si trova tra il fulcro, che è la spalla, e la potenza, che è applicata sulla mano.

Valentina Caruso